Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena
Esiste la “Fusione Fredda” ?
Cesena, 29 Aprile 1994
[00:14] [...] prima dell’inizio di questa conferenza il professor Focardi per la disponibilità che ha dato ad intervenire in questo argomento, che è un argomento di larga attualità e di prospettive future sconosciute altamente interessanti. Il professor Focardi noi lo dobbiamo ringraziare anche per altre cose: per gli importanti lavori che sta portando avanti in Italia con due colleghi ricercatori sempre sull’argomento della fusione fredda, e soprattutto perché è preside della facoltà di Informatica di Cesena, che ne parlavamo poc’anzi, è la seconda facoltà di scienze dell’Università di Bologna come numero di frequenze.
[01:18] Questo senz’altro va ad onore al professor Focardi, al suo lavoro che svolge all’interno dell’Università e soprattutto al rigoroso metodo scientifico che porta nella stessa, avendone anche una grossa considerazione personale. Io faccio tanti auguri al professor Focardi e lo ringrazio ulteriormente per la disponibilità che ha avuto su invito della Fondazione della Cassa di Risparmio ad intrattenere la cittadinanza su questo tema.
[Applausi]
[02:02] [Focardi] Sono io, presidente, che devo ringraziare Lei e la fondazione Cassa di Risparmio per la sensibilità che è stata sempre dimostrata nei riguardi delle istituzioni universitarie e anche in questa occasione per avermi fatto l’invito che io ho accettato ben volentieri perché sarà una sfida abbastanza difficile. Essendo un invito aperto alla cittadinanza—anche se vedo poi molti studenti che conosco, ma non sono certamente i partecipanti esclusivi—ho dovuto prepararlo ad un livello che mantenga il rigore scientifico ma che sia possibilmente di larga comprensione, quindi un livello che è abbastanza difficile da mandare avanti.
[02:52] Dico questo non per giustificarmi, ma proprio per ringraziare di avermi offerto questa sfida dato che ormai da molti anni i lavori facili non mi piacciono più e se non sono sufficientemente difficili non mi riesco a coinvolgere. Questo lo è, e vediamo come oggi riuscirò a cavarmela con queste difficoltà.
[...]
[03:45] Io comincerò con un discorso preso un po’ alla lontana che parla dell’energia. Ma con questo non vorrò dimostrare che quello che noi stiamo vedendo sia sicuramente una certa forma di energia—quindi vi pregherei di non volere fare alla fine una specie di cortocircuito fra il discorso iniziale e quello finale e farmi dire cose che non ho in mente di dire—ma io credo che il discorso sull’energia sia abbastanza importante perché forse permetterà di capire anche la situazione psicologica in cui tutta la storia si è svolta in questi ultimi anni.
[04:28] Sulla lavagna adesso si può vedere proiettato un grafico nel quale sono riportare le fonte primarie dell’energia alcuni anni fa, a livello mondiale. Le cose non sono sicuramente cambiate—questa situazione vale anche oggi—e si vede subito, guardando questo grafico, dove ho trascurato le fonti meno importanti, che pure esistono (ho messo solo quelle più importanti), che se si esclude l’energia idroelettrica, che rappresenta il 7% del totale, tutte le altre fonti di energia sono fonti che hanno a che fare con trasformazioni della materia dallo stato iniziale negli stati finali in cui viene trasformata attraverso processi o di combustione o di rottura delle strutture elementari.
[05:24] Quindi, diciamo, questa è un po’ la situazione dalla quale per esempio si può vedere immediatamente che se—ripeto—si esclude l’idroelettrico, l’energia si può ottenere essenzialmente in due modi diversi, l’energia che noi poi normalmente utilizziamo, l’elettrica tipicamente e tutte le altre forme: o partendo dal petrolio, dal carbone e dal gas e bruciandoli, oppure partendo da composti—tipicamente l’uranio—e facendo avvenire reazioni nucleari. Sono due tipi di trasformazione che passano comunque attraverso la strada della combustione: c’è un passo termico in mezzo.
[06:12] E tutte queste forme di energia hanno i loro inconvenienti, nel senso che tutte le volte che uno trasforma questi prodotti primari nelle forme finali ci sono i residui della trasformazione che in qualche modo creano problemi—poi accennerò di corsa qualche esempio, eventualmente—per cui produrre energia trasformando la materia iniziale è un processo che comunque può provocare sempre o rischi immediati o inconvenienti. Esempio: se uno brucia il petrolio—il risultato della combustione, che è una reazione chimica nella quale intervengono forze elettriche che trasformano il carbone per esempio in anidride carbonica—il risultato della reazione che avviene è la produzione di anidride carbonica, che immessa in atmosfera è responsabile di quello che oggi è temuto da tutti, che è l’effetto serra, cioè un rischio di alterazioni della temperatura del pianeta con tutte le possibili conseguenze.
[07:21] Così se uno usa l’uranio nei reattori il problema è che i prodotti di disintegrazione dell’uranio sono prodotto radioattivi che per di più hanno lunga vita media e naturalmente bisogna collocarli da qualche parte dove non siano pericolosi, sperando che nelle centinaia di anni a venire non si creino degli eventi che rimettono in circolo queste scorie.
[07:45] Quindi tutte queste forme di energia sono forme che hanno una forte dose di pericolo. E non c’è differenza fra l’una e l’altra: non esiste a tutt’oggi una forma di energia che si assolutamente pulita e innocua. D’altra parte noi abbiamo bisogno dell’energia, perché se noi… forse noi non ce ne rendiamo conto, e non ce ne rendiamo conto perché normalmente abbiamo tante cose a cui pensare—io ormai sono convinto che per rendersi conto delle cose bisogna almeno per qualche minuto concentrarsi di questi, pensare alle cose. Noi siamo una società, oggi, che siamo fortemente dipendenti dall’energia. Forse non ce ne rendiamo conto. Allora, come facciamo a rendercene conto? Beh, si potrebbe fare un po’ di numeretti, calcoletti—ma io ovviamente avevo preso l’impegno di cercare di non usare mai numeri, mai formule, anche per non essere immediatamente antipatico all’Auditorio—e allora ho provato a [..] presentare la cosa in un modo diverso.
[08:47] Supponiamo che per magia, anzi meglio per maleficio più che per magia, di colpo tutto queste fonti sparissero, qualcuno ce le ha fatte sparire. Noi ci troveremmo di colpo senza l’energia. Allora che fare? Beh una soluzione uno la può immediatamente pensare. Se ci manca l’energia prodotta dalla combustione di tutti questi oggetti, usiamo l’energia umana o l’energia animale, come si faceva nel medioevo. Bene, se uno fa il calcolo per esempio in energia umana, cioè pensa agli schiavi—ovviamente non pensate che io sia uno schiavista, sto facendo un paradosso—e dice: vabbè, quanti schiavi [occorrerebbero] a ciascuno di noi per mantenere il livello di vita attuale?
[09:35] Se per un cittadino Italiano medio—il che vuol dire poi ci sono quelli che ne avrebbero bisogno di più, e altri di meno—ci vorrebbero… leggo perché non lo ricordo esattamente, 125 schiavi a testa. Cioè ciascuno di noi dovrebbe avere 125 schiavi in media che lavorano esclusivamente per il padrone. Ma sarebbe una cosa folle. La cittadinanza passerebbe da 60 milioni a 700 milioni. Gli schiavi dovrebbero essere veri schiavi, cioè non pretendere a loro volta il nostro livello di vita che richiederebbe 100 schiavi per ciascuno di loro, altrimenti le cose non funzionerebbero. Quindi una cosa drammatica, perché l’energia che noi consumiamo non è solo quella del nostro contatore, ma è l’energia per fabbricare i vestiti, le scarpe, i cibi, le automobili, per mandare le automobili, tutto, per vedere la televisione…
[10:27] Quindi in realtà noi siamo una società fortemente dipendente dall’energia, e se l’energia finisce le cose si mettono seriamente. Io non vorrei adesso entrare nel discorso [di] quando finirà, se finirà, se mai succederà questo, ma chiaramente quelle scorte non sono illimitate. Credo che pensando di consumare tutto il consumabile oggi abbiamo riserve di quel tipo lì per 120–150 anni, ma non prendete questo numero molto con serietà perché non ho fatto calcoli recenti. E forse una società responsabile dovrebbe cominciare a pensare di quello che succederà fra 150 anni e mettere in atto tutto quello che può oggi fare per pensare ai nostri successori. Cioè non possiamo usare la famosa frase “après moi le déluge”, no? Questo non mi sembra responsabile.
[11:23] Ora, vorrei fare notare una cosa: che fra le energie di origine chimica, combustibili, e l’energia di origine nucleare c’è una grande differenza che sicuramente ha significato anche a livello dell’impatto ambientale, ed è questa: che a parità di energia prodotta, per ottenere lo stesso risultato, occorre consumare un milione di materiale in più—se si usa la forma chimica della combustione—rispetto al nucleare. Voglio dire che si può ottenere la stessa energia con un grammo di uranio o con una tonnellata di carbone o di petrolio. Questo implica problemi di trasporta, implica problemi di smaltimento, implica problemi di scorie, ma c’è questa grande differenza di un fattore un milione che è secondo me importante anche ai fini dell’impatto ambientale. Non voglio adesso qui prendere le difese di una forma o dell’altra di energia: ho detto che tutte hanno i loro rischi e i loro pericoli, e il discorso energetico è veramente molto complicato perché oltre a queste considerazioni di tipo scientifico ci sono quelle economiche che pure hanno importanza e che devono essere valutate. Credo che non esista nessuna persona al mondo che sia in grado di trattare tutto il problema dell’energia dall’inizio alla fine.
[12:46] Beh, io credo che molte di queste cose che ho detto siano note, ovviamente, alle persone. Ma mi sembra importante ribadire questo. Io sono convinto che l’energia non vada sprecata, perché sprecare l’energia—tenere accesa una lampada in una stanza in cui non c’è nessuno—è come prendere uno di quei famosi schiavi immaginari e farlo lavorare inutilmente perché non serve a nulla. Quindi c’è una grossa responsabilità della nostra società da questo punto di vista, perché ogni energia che viene sprecata è inquinamento inutile che riversiamo sul pianeta.
[13:23] Ma adesso mi sposto verso il nucleare, perché il discorso di questa conferenza alla fine va a finire in qualche modo su possibili forme di energia di origine nucleare. Nel campo del nucleare ci sono due modi per ottenere energia dalla materia, che sono il modo per fissione—fissione forse è un vocabolo tecnico, credo, io ormai sono abituato a usarlo: vuol dire rompere—che vuol dire prendere nuclei pesanti, tipicamente l’uranio o il plutonio o il torio, spaccarli, costruire dei nuclei intermedi e estrarre energia in questo processo. Nuclei che poi sono radioattivi e pongono i problemi. E questa energia ormai la si utilizza: quella fetta che vediamo nel grafico viene dai reattori per fissione. I reattori per fissione hanno un certo loro pericolo intrinseco: tutti purtroppo ricordano l’incidente recente di Chernobyl. E poi la fissione è legata a episodi tragici della storia dell’umanità: le bombe scagliate su Hiroshima, su Nagasaki. E questo è un vizio originale che questa forma di energia conserva con sé. Ma ci sono obiettivamente i rischi delle scorie, soprattutto, a mio parere.
[14:41] E poi l’altra possibilità è l’energia per fusione: cioè prendere i nuclei leggeri, l’idrogeno—poi farò vedere anche un’altra immagine dove cercherò in maniera semplici di cercare di rappresentare cosa intendiamo con l’idrogeno. Chiedo scusa a quelli che sanno benissimo di cosa sto parlando—dove si prendono nuclei leggeri, si fondono insieme e si produce ancora una volta energia. Bene, questa seconda operazione la sa fare il sole, la sanno fare le stelle—poi cercherò di spiegare perché questi sole e stelle sanno fare questo—sole e stelle partono dall’idrogeno e poi, come macchine complicate, costruiscono l’elio, poi costruiscono l’ossigeno, poi costruiscono il carbonio, costruiscono per fusioni successive tutti gli elementi di cui siamo fatti. Noi, la nostra pelle, la nostra carne, siamo fatti di carbonio, ossigeno, fosforo, zol… azoto—zolfo no, ce ne sarà poco—calcio: tutti elementi che sono stati fabbricati in una stella remota che non è il nostro sole, è una stella che esisteva prima, e che probabilmente, quando è diventata supernova, esplodendo e producendo gli elementi oltre il ferro, secondo me stava nella zona dove poi si è formata la nebula dalla quale poi si è riformato il sistema solare, quindi la nostra origine remota, le nostre radici sono nelle stelle, e sono nelle reazioni nucleari da fusione, da cui tutta la materia è stata fatta.
[16:13] Le stelle ci riescono. E gli uomini? Riusciamo a fare la fusione artificiale? Perché fare la fusione artificiale vorrebbe dire avere come combustibile l’idrogeno e i suoi elementi simili di cui parlerò fra un momento. Vorrebbe dire avere a disposizione un combustibile illimitato, e qui mi riallaccio al discorso precedente di quanto dureranno i combustibili attuali. Beh, noi stiamo… “noi”, insomma, la comunità scientifica sta lavorando su questo. In questo momento la macchina più avanzata è una macchina Inglese, Europea, il JET, che si fa in Inghilterra. È partito adesso il progetto ITER—non so il significato dell’acronimo—ma ITER è una macchina mondiale, in collaborazione fra Europa, Stati Uniti, Giappone, Russia. Non è stato ancora deciso dove si farà la macchina; è chiaro che ci saranno risse terribili fra gli Stati per questo.
[17:12] Nel [...] terminerà la prima fase. Penso che nel 2002–2003 il progetto, poi la costruzione nel 2010, forse la macchina diventerà funzionante nel 2020–2030, ma a quel punto avremo la fusione, l’energia da fusione? Oggi gli esperti dicono fra 40–50 anni, quindi io mi riferisco, mi rifaccio agli esperti. Ma il problema centrale a mio parere è questo: certamente si raggiungerà la fusione, io credo, si dimostrerà la fattibilità. Ma quando si passerà a costruire il reattore per fusione saranno problemi gravissimi: perché la radioattività dei processi danneggerà le pareti del reattore in un mese. E allora uno si pone il problema di costruire una macchina—una macchina di una centrale, ovviamente—e dopo un mese che fa? Smonta il reattore. Questa è follia, credo. Ma ammettiamo pure che la follia abbia il sopravvento: chi va a smontare il reattore? Gli uomini? Certo no: morirebbero. I robot? Morirebbero anche i robot dalla radioattività delle pareti. Quindi in realtà il problema—sicuramente solubile per via scientifica—avrà grandi difficoltà tecnologiche. Per cui se io oggi dovessi scommettere—posso anche perdere la scommessa perché tanto alla fine, quando si saprà la risposta non pagherei ovviamente: nel 2040 il problema per me non si porrà più—io scommetterei che non avremo mai l’energia per fusione, mai. A meno che i risultati scientifici non ci facciano aprire nuove strade—e con questo non sto dicendo che non dobbiamo fare queste ricerche: sono importantissime queste ricerche—dalle quali avremo nuove idee.
[18:53] E poi le macchine per fusione non sono così tranquille e innocue come spesso si dice, non è vero. Perché ci sarà la radioattività dei prodotti della fusione e soprattutto c’è un altro grosso problema. Uno dei combustibili di queste macchine nei progetti attuali è il trizio, che è un idrogeno pesante, e il trizio è radioattivo. E se scappa il trizio dalla centrale va in giro per il mondo e va a sostituire l’idrogeno dappertutto, e quindi anche nei cibi, e la gente se lo mangia. Quindi, una centrale a funzione non è un oggetto molto... così tranquillo. Ha i suoi rischi, il che non vuol dire che non li dobbiamo correre i rischi, perché i rischi sono dappertutto: non c’è nulla senza rischio nella vita.
[19:39] Ora questo è un po’ il panorama della situazione di oggi, ma lo era anche 4–5 anni fa. 4–5 anni fa quando alla vigilia della Pasqua del 1989—io ricordo molto bene la data, il periodo, credo che fosse il Mercoledì… il Giovedì Santo o il giorno prima—due scienziati americani, Fleischmann e Pons, con una conferenza stampa improvvisa, senza avere prima precedentemente pubblicato il lavoro né fatto conferenze scientifiche—questo è un errore che loro commisero—annunciarono di avere prodotto fusione nucleare in un metallo a temperatura normale. Questo è un risultato incredibile per le conoscenze che noi abbiamo e adesso cercherò di spiegare il perché: perché e cosa vuol dire fusione, e perché è incredibile un risultato del genere; poi ritornerò nella storia di Fleischmann e Pons.
[20:44] Tutti sanno che l’atomo è un sistema che più o meno sembra un sistema solare, solo molto piccolo: ci vogliono 100 milioni di atomi messi in fila per fare un centimetro, questo da’ un’idea delle dimensioni. Se uno adesso potesse ingrandire un atomo e farlo diventare grande come un campo di calcio vedrebbe che il nucleo, che è la parte centrale, ha le dimensioni di una capocchia da spillo e sta, diciamo, nel centro del campo, e gli elettroni ancora più piccoli vagano lungo i bordi, la linea di fondocampo, il fallo laterale, lì nella zona. Quindi in realtà l’atomo è un oggetto vuoto, dove il vuoto predomina sulla materia e dove gli spazi sono immensi.
[21:29] E gli elettroni e nucleo stanno insieme perché il nucleo è positivo, gli elettroni sono negativi; cariche di segno contrario si attirano e stanno insieme. Chiedo scusa se ogni tanto un po’ di fisica elementare sono costretto a introdurla nel discorso. Supponiamo ora che un altro atomo, un invasore, arrivi addosso a questo: un altro campo di calcio che arriva sul campo di calcio. Allora nascono interazioni fra gli elettroni e gli elettroni, fra il nucleo invasore e gli elettroni invasi, e questi avvengono anche a distanza: sono sono scontri veri e propri nei quali gli elettroni hanno la peggio, perché gli elettroni sono 2000 volte più leggeri dei nuclei. È come se avvenisse uno scontro fra un passante e un pulcino: il rapporto di massa è lo stesso; il pulcino viene spazzato via, il passante non se ne accorge.
[22:19] Quindi i nuclei invasori spazzano via gli elettroni, li mandano via; questi, poveretti, assistono solo allo spettacolo, se spettacolo ci sarà, e viaggiano in linea retta.
[salto]
[...] chiedo scusa ai tanti presenti che conoscono queste cose, ma per correttezza verso chi potesse non conoscere devo dirlo—è il nucleo più semplice: un protone e un elettrone, niente più semplice dell’idrogeno. Il deuterio è una specie di fratello più grande, più grasso: ha lo stesso nucleo, salvo che c’è un neutrone in più; la stessa carica ma massa doppia. Il trizio è il fratello maggiore della famiglia. Ma dal punto di vista chimico tutti e tre si comportano come idrogeni, perché la chimica dipende dagli elettroni esterni. Altri personaggi di questa storia—e poi molti altri non ne citerò più—sono l’elio. L’elio è l’elemento successivo della tavola di Mendeleev, perché ha due protoni e carica due—quindi due elettroni per avere la neutralizzazione della carica—ed esistono due elii: l’elio con massa 4 e l’elio con massa 3.
[23:29] Quindi quando nei prossimi minuti parlerò di idrogeno, di deuterio, di trizio, parlo di elementi e oggetti molto semplici: sono i famosi “campi di calcio” una volta ingranditi, fatti in questo modo, con un nucleo fatto così. Ovviamente devo rappresentare le cose con modelli semplici.
[23:47] Bene, Fleischmann e Pons che cosa facevano? Usavano deuterio e palladio. Facevano elettrolisi con elettrodo di palladio usando materiali deuterati, e vedevano apparire dell’energia, ma questa energia andava, veniva, non era stabile, non riuscivano a riprodurla, hanno sempre nella loro... nei loro 5 anni—perché hanno continuato a lavorare; oggi tra l’altro hanno grossi finanziamenti Giapponesi: lavorano in Francia, finanziati dal Giappone, perché il Giappone ha fatto grossi investimenti su questa linea—quando sono arrivati ad avere molto di energia sono arrivati ad avere 1 watt, il che vuol dire accendere una lampadina dell’albero di Natale. Ma non è che ottengono 1 watt fisso. 1 watt che va, che viene, che non si sa bene quando va e quando viene.
[24:31] E poi i famosi ricercatori, quelli “mordi e fuggi”, facendo questi esperimenti, chi ha trovato i neutroni, chi non ha trovato i neutroni… perché se ci sono reazioni nucleari poi avvengono combinazioni di tutti quegli elementi del prodotto finale. E questo sicuramente ha confuso le idee a molti: c’è chi trova una cosa, chi non la trova, chi poi si smentisce… perché molti sono arrivati da altre linee di ricerca; in pochi mesi hanno pensato di fare, di ottenere qualcosa di serio, e questo non si può fare. Questo ha fatto sì che questo gruppo di ricercatori è una specie di gruppo di “reietti” rispetto alla comunità scientifica internazionale. Sono quasi all’indice, sono malconsiderati, a mezza strada fra lo stregone e il ciarlatano, e questa è la realtà. Per la comunità scientifica internazionale non si può parlare di fusione fredda.
[25:26] Con gli amici di Cesena, dovendo essere in un luogo cittadino, ho detto “mettiamo benissimo la parola fusione fredda, non possiamo usare parole le complicate che utilizziamo noi”. Per intenderci va bene, ma non a livello scientifico. Quindi questa è stata la linea di Fleischmann e Pons, e adesso faccio un salto di 10 mesi e vado all’Ottobre del 1989: siamo a Trento, congresso scientifico. Io mi trovo in un corridoio dove c’erano i lavori del congresso che parlavo con Roberto Habel, professore a Cagliari—con il quale siamo legati da lunga amicizia—si avvicina un nostro comune amico, Francesco Piantelli di Siena e ci dice: “vi devo parlare”.